Secondo il Global Gender Gap Report 2023, l’Italia perde sedici posizioni a livello mondiale nell’ultimo anno

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La parità di genere è inserita tra i principali obiettivi da tutte le principali istituzioni internazionali, come ONU e Unione Europea, e nazionali, basti pensare al fatto che la parità di genere è uno dei tre obiettivi trasversali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. IDEM nasce nel 2020 con la missione di dare un contributo effettivo alla riduzione delle diseguaglianze di genere nelle organizzazioni, attraverso l’IDEM Index, una metrica specifica, scientificamente validata, in grado di rappresentare il livello effettivo di gender equality.

Gender Gap: non c’è gestione senza misurazione​

Quattro incontri per esplorare la misurazione come chiave per raggiungere e mantenere la parità di genere in azienda.

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Alcuni dati sulla parità di genere nel mondo del lavoro

Il 20 giugno 2023 è stata pubblicata dal World Economic Forum la diciassettesima edizione del Global Gender Gap Report, in cui vengono raccolti i dati relativi a quattordici indicatori divisi in quattro dimensioni – salute e sopravvivenza, rendimento scolastico, partecipazione economica e opportunità, empowerment politico – di 146 Paesi in tutto il mondo.

Mentre nei report del 2021 e del 2022 veniva indicato come servissero rispettivamente 136 e 132 anni per colmare il gap di genere, nell’ultima edizione si sottolinea come per il raggiungimento della parità serviranno ancora 131 anni: a fronte di questo dato, si può dire che nell’ultimo anno il miglioramento del gender gap ha subito una decelerazione. A livello macro-regionale i risultati mostrano come l’Europa abbia conseguito il miglior risultato (76,3%) superando quindi il Nord America (75,0%) rispetto l’ultima rilevazione. Segue a ruota l’America Latina e Caraibi (74,3%). Al contrario l’area del Medio Oriente e Nord Africa mostra il risultato peggiore (62,6%), scavalcata dall’Asia del Sud (63,4%) e dall’Eurasia e Asia Centrale (69,0%) Asia dell’Est e Pacifico (68,8%) e all’Africa Sub-Sahariana (68,2%). Le macro-regioni che hanno migliorato maggiormente il loro risultato rispetto all’anno precedente sono l’America Latina e Caraibi (+1,7%) e l’Asia del Sud (+1,0%), mentre, al contrario, quelle che hanno aumentato il gap tra donne e uomini sono il Nord America (-1,9%) e il Medio Oriente e Nord Africa (-0,8%).

Molto indicativa è la performance media delle quattro dimensioni analizzate: le aree salute e sopravvivenza, e rendimento scolastico hanno a livello globale un livello di parità quasi assoluto (96,0% per la prima area e 95,2% per la seconda); diversa la situazione per la dimensione partecipazione economica e opportunità con un risultato medio che raggiunge solamente il 60,1% della parità, perdendo 0,2 punti percentuali rispetto all’anno precedente. Per quanto riguarda l’empowerment politico la situazione è sicuramente negativa, con un dato che arriva appena al 22,1%, attestandosi ancora una volta come la dimensione i cui i risultati determinano maggiormente la posizione in classifica dei Paesi.

Considerando i risultati dei 27 Paesi dell’Unione Europea, si va dal terzo posto a livello mondiale della Finlandia (dietro solo all’Islanda e alla Norvegia) al centoseiesimo posto occupato da Cipro. L’Italia occupa invece la ventiduesima posizione in Europa (davanti solamente a Romania, Grecia, Ungheria, Cechia e Cipro) e la settantanovesima posizione a livello mondiale, perdendo sedici posizioni rispetto al 2022, superata da Liberia, Colombia, Tanzania, Honduras, Brasile, Bangladesh, Polonia, Armenia, Kazakhstan, Slovacchia, Botswana, Ucraina, Uruguay, Malta, Emirati Arabi Uniti, Vietnam, Macedonia del Nord, Tailandia e Etiopia. Tuttavia, nell’ultimo anno l’Italia ha superato nel ranking mondiale Israele, Zambia e Timor Est.

Nelle Tabelle 1 e 2 sono riportati nel dettaglio i risultati dell’Italia nelle quattro dimensioni che compongono l’indice (Tabella 1) e nei quattordici indicatori complessivi in termini di piazzamento di ranking a livello di UE (Tabella 2).

Tabella 1 – Performance dell’Italia per dimensione

DimensioneRank (UE 27 Paesi)
Partecipazione economica e opportunità27° (-1)
Rendimento scolastico21° (-2)
Salute e sopravvivenza18° (+2)
Empowerment politico19° (-6)

Tabella 2 – Performance dell’Italia per singolo indicatore

IndicatoreRank (UE 27 Paesi)
Tasso di partecipazione alla forza lavoro25° (=)
Parità salariale per lavori simili20° (+5)
Reddito da lavoro stimato27° (-3)
Legislatori, alti funzionari e dirigenti22° (+1)
Operatori professionali e tecnici26° (-1)
Tasso di alfabetizzazione21° (-1)
Iscrizione all'istruzione primaria19°* (=)
Iscrizione all'istruzione secondaria21° (-2)
Iscrizione all'istruzione terziaria1° (=)
Rapporto maschi/femmine alla nascita1° (+21)
Aspettativa di vita in buona salute20° (-1)
Donne in parlamento13° (-3)
Donne ministre15° (-3)
Rapporto donna/uomo anni capo di Stato21° (-1)

Da un primo sguardo ai risultati riportati nelle due tabelle appare chiaro come la situazione italiana non sia delle migliori e, anzi, risulti essere peggiorata in tutte le dimensioni, fatta eccezione per la dimensione salute e sopravvivenza. Inoltre, gli unici due indicatori in cui l’Italia registra risultati superiori alla media tra gli Stati Membri sono quelli relativi al rapporto maschi/femmine alla nascita, e alla percentuale di donne in parlamento, dato che in ogni caso registra una flessione rispetto al 2022; infatti, nonostante da ottobre 2022 l’Italia abbia una donna a presiedere il Consiglio dei Ministri, la percentuale di donne nel Consiglio stesso e in Parlamento è diminuita rispetto al precedente governo e alla precedente legislatura.

Come evidenziato lo scorso anno, la dimensione il cui dato è più preoccupante è quella relativa alla partecipazione economica e al lavoro, che vede l’Italia all’ultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea e al centoquattresimo posto a livello mondiale, in conseguenza ai risultati di molto sotto la media in tutti e cinque gli indicatori che compongono la dimensione. L’indicatore in cui il divario è maggiore rispetto gli altri Paesi è il reddito da lavoro che attesta l’Italia al centosettesimo posto (il dato medio in $ è di 54,480 per gli uomini e 29,990 per le donne). Il dato di questa dimensione è in linea anche con l’ultimo ranking proposto da EIGE: osservando la dimensione lavoro, pur analizzando indicatori diversi rispetto a quelli proposti dal World Economic Forum, la situazione dell’Italia non cambia e si conferma all’ultimo posto a livello europeo.

Altri dati contenuti nel Global Gender Gap Report riportano la percentuale di donne nella leadership aziendale: solo l’11,5% delle imprese è a maggioranza femminile nella proprietà e solo il 15,3% dei top manager nelle imprese è donna. Per quanto riguarda i dati relativi al tema della conciliazione vita-lavoro, circa 1 donna su 2 dedica al lavoro retribuito meno di 35 ore a settimana, a fronte di poco meno di 1 uomo di 4; inoltre, le donne dedicano in media circa 5 ore al giorno al lavoro domestico non retribuito e al lavoro di cura (3 in più degli uomini).

In generale si può affermare che molto rimane ancora da fare per arrivare all’effettiva parità di genere, obiettivo dell’agenda 2030, della Strategia Europea per la Parità di Genere 2020-2025, recepita in ultima istanza anche dal PNRR. Riuscire a colmare il divario di genere significa investire nella prosperità nazionale. Non è sufficiente avere un elevato PIL pro-capite, è necessario che un numero crescente di attori e attrici riconosca l’importanza e l’urgenza di agire e che si consolidino e rilancino le azioni di leadership del settore pubblico e privato nei loro sforzi per raggiungere globalmente la parità di genere.

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