Da un working paper del Dipartimento di Economia dell’OECD, scritto da Gabriele Ciminelli, Cyrille Schwellnus e Balazs Stadler, emerge che nonostante i cambiamenti nelle norme e nelle politiche sociali, in 25 Paesi europei rimane, in media, un divario di circa il 15% nella retribuzione oraria tra uomini e donne con qualifiche simili. Utilizzando dati a livello individuale, questo documento quantifica i principali driver dei divari salariali di genere nell’ottica di elaborare efficaci politiche per ridurli.
Framework teorico
Uno degli elementi che maggiormente influisce sul divario salariale di genere risiede nella concreta possibilità delle donne di raggiungere ruoli apicali. I dati dimostrano come le donne, a parità di competenze e titoli di studio, presentino maggiori difficoltà a ottenere avanzamenti di carriera rispetto agli uomini: questa circostanza prende il nome di segregazione verticale e si manifesta con la concentrazione di donne in determinati gradi e livelli di responsabilità o posizioni tipicamente inferiori a quelli maschili.
A contribuire intensamente alla segregazione verticale vi sono due fenomeni denominati “sticky floor”(letteralmente “pavimento appiccicoso”) e “glass ceiling” (letteralmente “soffitto di cristallo”): il primo causa la permanenza in posizioni a bassa redditività, mentre il secondo impedisce o rallenta le progressioni di carriera verso le posizioni apicali.
I risultati
I risultati suggeriscono che, in media, la permanenza in basse posizioni legata alle norme sociali, stereotipi di genere e discriminazione rappresentano il 40% del divario salariale di genere, mentre il restante 60% è rappresentato dagli ostacoli all’ascesa ad alti livelli di inquadramento legati alla maternità. Tale disuguaglianza limita la crescita delle donne, impedendo loro di raggiungere il pieno potenziale nel mercato del lavoro.
L’importanza del fenomeno del “glass ceiling” è particolarmente grande nella maggior parte dei Paesi dell’Europa settentrionale e occidentale, mentre lo “sticky floor” spiega la maggior parte del divario soprattutto nei Paesi dell’Europa centrale e orientale. Questi risultati implicano che la maggior parte del Nord Europa e i Paesi dell’Europa occidentale devono dare la priorità a politiche volte a sostenere la maternità, come la promozione della flessibilità e del telelavoro, e il sostegno alle cure della prima infanzia. La maggior parte dei Paesi dell’Europa centrale, orientale, ma anche dell’Europa meridionale, devono invece ancora affrontare le sfide primarie, quali la necessità di dare priorità alla parità di retribuzione, promuovere leggi sulla trasparenza retributiva, misure per affrontare gli stereotipi di genere, nonché livelli salariali più alti.
Un focus sull’Italia
Dai grafici pubblicati nell’articolo emerge come in Italia, più che negli altri Paesi, vi sia un elevato divario salariale dovuto al maggior impiego femminile in lavori part-time. Ciò è dovuto a una visione della società e della famiglia ancora stereotipata, al punto che si parla di un forte problema culturale legato al grande squilibrio nei ruoli di coppia. La donna viene infatti intesa come la principale incaricata dei carichi di cura famigliari, contribuendo a legittimare il minore coinvolgimento della stessa nel mercato del lavoro.
Gli effetti negativi dei problemi culturali e strutturali presenti in Italia trovano conferma anche in un altro dato: se si effettua la somma tra divario salariale di genere, divario di genere nelle ore lavorate, e divario nel livello occupazionale, si osserva come in Italia questa somma sia tra le più alte d’Europa, soprattutto a causa del basso tasso di occupazione femminile.
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Autrice: Chiara Tasselli
Nel di Team di IDEM Lab esercita principalmente competenze econometriche, di analisi e interpretazione dei dati.

Autore: Filippo Damiani