Global Gender Gap Report 2024: l’Italia perde ventiquattro posizioni a livello mondiale nell’ultimo biennio

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La parità di genere è inserita tra i principali obiettivi da tutte le principali istituzioni internazionali, come ONU e Unione Europea, e nazionali, basti pensare al fatto che la parità di genere è uno dei tre obiettivi trasversali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. IDEM nasce nel 2020 con la missione di dare un contributo effettivo alla riduzione delle diseguaglianze di genere nelle organizzazioni, attraverso l’IDEM Index, una metrica specifica, scientificamente validata, in grado di rappresentare il livello effettivo di gender equality.

Alcuni dati sulla parità di genere nel mondo del lavoro

L’11 giugno 2024 è stato pubblicato dal World Economic Forum la diciottesima edizione del Global Gender Gap Report, in cui vengono raccolti i dati di 146 Paesi in tutto il mondo relativi a quattordici indicatori divisi in quattro dimensioni – partecipazione economica e opportunità, salute e sopravvivenza, rendimento scolastico, empowerment politico.

Già lo scorso anno, avevamo evidenziato una decelerazione nel cammino verso la parità di genere nel mondo: nel 2022, il tempo stimato per colmare il gap di genere era di 132 anni, quattro in meno rispetto al 2021, mentre nel 2023 si parlava di 131 anni, solo uno in meno in confronto all’anno precedente. Quest’anno si registra addirittura un’inversione di tendenza: allo stato dell’arte, saranno necessari 134 anni per colmare il gap, tre anni in più rispetto al 2023. Seguendo il trend mondiale, anche a livello macro-regionale il tasso di crescita rallenta rispetto all’anno precedente, sebbene non ci siano cambiamenti nelle posizioni occupate: l’Europa rimane al primo posto, ma perde 1,3 punti percentuali rispetto al 2023; il Nord America perde lo 0,2% e l’America Latina e Caraibi lo 0,1%. Le uniche macro-regioni che migliorano rispetto all’anno passato sono l’Asia dell’Est e Pacifico (+0,4%), grazie soprattutto ai buoni risultati di Nuova Zelanda, Australia e Filippine, e l’Africa Sub-Sahariana (+0,2%), che tuttavia rimane all’ultimo posto.

Se si guarda alla performance media delle quattro dimensioni analizzate si riscontra che, a livello globale, le aree salute e sopravvivenza, e rendimento scolastico ottengono i migliori risultati, raggiungendo un livello di parità quasi completo (96,0% per la prima e 94,9% per la seconda, in lieve calo). La situazione è diversa per la dimensione partecipazione economica e opportunità che mostra un risultato medio del 60,5% di parità, migliorando di soli 0,4 punti percentuali il risultato del 2023. In posizione ancora più arretrata la dimensione dell’empowerment politico, con un gap chiuso solo al 22,5%, che mette in evidenza la predominanza maschile nei luoghi di potere come governi, ministeri, e parlamenti. Infatti, per avere contezza del fenomeno basti pensare che 67 dei 146 Paesi analizzati non hanno mai avuto una donna a capo del governo.

Considerando i risultati dei 27 Paesi dell’Unione Europea, si passa dal secondo posto a livello mondiale della Finlandia (dietro solo all’Islanda) al centoquattresimo della Cechia. L’Italia si arresta alla venticinquesima posizione in Europa (superando Ungheria e Cechia) e all’ottantasettesima a livello mondiale, perdendo otto posizioni rispetto al 2023. Il nostro paese viene superato nel ranking mondiale da Bosnia ed Herzegovina, Cipro, Grecia, Mongolia, Paraguay, Repubblica Dominicana, Romania, Sierra Leone, Timor-Leste e Togo riuscendo nell’ultimo anno a superare solo Bangladesh e El Salvador.

 

I dettagli sui risultati dell’Italia nelle quattro dimensioni dell’indice sono mostrati nella Tabella 1, mentre la Tabella 2 illustra i quattordici indicatori complessivi relativi al piazzamento dell’Italia nel ranking dell’UE.

Tabella 1 – Performance dell’Italia nel ranking UE per dimensione 

DimensioneRank (su 27 Paesi)
Partecipazione economica e opportunità27° (=)
Rendimento scolastico20° (+1)
Salute e sopravvivenza18° (=)
Empowerment politico20° (-1)

Tabella 2 – Performance dell’Italia nel ranking UE per singolo indicatore

IndicatoreRank (su 27 Paesi)
Tasso di partecipazione alla forza lavoro26° (-1)
Parità salariale per lavori simili22° (-2)
Reddito da lavoro stimato27° (=)
Legislatori, alti funzionari e dirigenti23° (-1)
Operatori professionali e tecnici26° (=)
Tasso di alfabetizzazione22° (-1)
Iscrizione all'istruzione primaria19°* (=)
Iscrizione all'istruzione secondaria20° (+1)
Iscrizione all'istruzione terziaria1°** (=)
Rapporto maschi/femmine alla nascita1° (=)
Aspettativa di vita in buona salute20° (=)
Donne in parlamento14° (-1)
Donne ministre19° (-4)
Rapporto donna/uomo anni capo di Stato17° (+4)

*dato non disponibile per Croazia e Irlanda.

**in tutti i 27 Paesi dell’Unione Europea il tasso di iscrizione al livello di istruzione terziaria è maggiore per le donne che per gli uomini

Dall’analisi dei risultati riportati nelle due tabelle emerge chiaramente come la situazione italiana rimanga sostanzialmente invariata nelle quattro dimensioni esaminate, con un lieve miglioramento nella dimensione che misura il rendimento scolastico. Tuttavia, anche in questa area, l’Italia occupa solo un deludente ventesimo posto. Si registra poi un peggioramento nella dimensione relativa all’empowerment politico, per cui l’Italia passa dalla 19° alla 20° posizione. Come evidenziato anche nelle edizioni precedenti, il dato più preoccupante è quello relativo alla dimensione della partecipazione economica e al lavoro, dove l’Italia è all’ultimo posto tra i Paesi dell’Unione Europea e al centoundicesimo a livello mondiale. Questo risultato è dovuto a performance molto sotto la media in tutti e cinque gli indicatori che compongono la dimensione. In particolare, il reddito da lavoro, pone l’Italia al centottesimo posto (con un dato medio di $ 57.990 per gli uomini e $ 31.260 per le donne), mentre il tasso di partecipazione alla forza lavoro (58,1% per gli uomini e 40,7% per le donne) relega il Paese al novantaseiesimo posto a livello mondiale.  

Come dimostrano i risultati dell’indice di quest’anno, la scala e la velocità di progresso sono profondamente insufficienti per permettere ai paesi di tutto il mondo di raggiungere l’uguaglianza di genere entro il 2030, così come delineato dall’Agenda ONU. Infatti, nonostante un incremento complessivo nell’adozione di politiche economiche per promuovere l’uguaglianza di genere, persistono notevoli disparità tra le regioni non solo nell’adozione, ma anche nel finanziamento e nell’implementazione di tali politiche. Solo dove gli sforzi per promuovere la diversità, l’equità e l’inclusione sono stati prolungati nel tempo, si sono registrati progressi concreti, mentre in molti Paesi, inclusa l’Italia, le prospettive per donne e ragazze rimangono instabili e continuamente minacciate da ribaltamenti politici o crisi prolungate. È pertanto indispensabile che governi e organizzazioni si impegnino nell’indirizzare risorse per promuovere un nuovo paradigma di pensiero economico e politico, in cui la parità di genere sia considerata una condizione imprescindibile per una crescita equa e sostenibile.

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