Il nuovo report Inside the GAP: il divario di genere nel mondo del lavoro

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La parità di genere è inserita tra i principali obiettivi da tutte le principali istituzioni internazionali, come ONU e Unione Europea, e nazionali, basti pensare al fatto che la parità di genere è uno dei tre obiettivi trasversali del Piano Nazionale di Ripresa e Resilienza. IDEM nasce nel 2020 con la missione di dare un contributo effettivo alla riduzione delle diseguaglianze di genere nelle organizzazioni, attraverso l’IDEM Index, una metrica specifica, scientificamente validata, in grado di rappresentare il livello effettivo di gender equality.

Gender Gap: non c’è gestione senza misurazione​

Quattro incontri per esplorare la misurazione come chiave per raggiungere e mantenere la parità di genere in azienda.

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Alcuni dati sulla parità di genere nel mondo del lavoro

Secondo il Global Gender Gap Index del World Economic Forum (WEF) al ritmo attuale ci vorranno 131 anni per raggiungere la piena parità di genere a livello globale. I dati più recenti dell’European Institute for Gender Equality (EIGE), aggiornati a ottobre 2023, indicano che il divario di genere colmato dall’UE ha raggiunto una media di 70,2 punti su 100, superando per la prima volta la soglia del 70%, tuttavia permangono forti differenze tra i diversi paesi dell’Unione. Per esempio, secondo lo European Index for Gender Equality dell’EIGE, l’Italia si colloca al 13° posto tra i 27 paesi dell’UE risultando al di sotto della media europea in molte delle dimensioni misurate dall’indice.

Tra i Paesi dell’UE, l’Italia è agli ultimi posti nelle dimensioni relative alla partecipazione economica delle donne e al gap nel mondo del lavoro, con dati particolarmente negativi rispetto al tasso di partecipazione femminile alla forza lavoro, alla presenza delle donne nei ruoli apicali e al gender pay gap a parità di ruolo e competenze. La sotto-rappresentazione delle donne nel mercato del lavoro e la disparità retributiva rispetto agli uomini sono questioni di rilevanza critica, soprattutto considerando che in Italia le donne sono mediamente più istruite degli uomini ed ottengono migliori risultati scolastici. Nonostante questo, infatti, sono meno occupate (il tasso di occupazione medio femminile è del 51%, mentre quello maschile è del 69%) e, quando lo sono, subiscono mediamente condizioni di lavoro peggiori. In Italia il 65,7% delle donne tra i 25 e i 64 anni ha almeno un diploma (contro il 60,3% degli uomini), e il 23,5% è laureata (il 17,1% degli uomini). Anche restringendo il campo alla fascia d’età più giovane (25-34 anni), la percentuale di laureate è superiore a quella di laurati (35,5% vs 23,1%).

Uno degli aspetti più rilevanti del divario di genere nell’istruzione è che donne e uomini non studiano le stesse discipline. La quota di lauree STEM (Science, Technology, Engineering, Mathematics) tra le donne è la metà di quella tra gli uomini laureati. Secondo l’Istat tra i giovani di 25-34 anni, un uomo laureato su tre ha una laurea STEM, mentre tra le donne la proporzione è di uno a sei. Questo divario nei percorsi di studio si traduce in un gap occupazionale futuro, poiché il tasso di occupazione dei laureati in discipline umanistiche e dei servizi è mediamente del 75,9%, contro l’81,7% dei laureati in discipline socio-economiche e giuridiche, l’85,3% delle discipline STEM e l’88,6% dell’area medico-sanitaria e farmaceutica. Inoltre, le rilevazioni Istat dimostrano che il divario occupazionale di genere si osserva anche all’interno della stessa area. Una donna specializzata in campo scientifico ha meno probabilità di trovare un lavoro rispetto ad un uomo con la stessa formazione. In altre parole, una donna che sfida gli stereotipi scegliendo un percorso di studi considerato maschile si ritrova a subire comunque pregiudizi di genere una volta entrata sul mercato del lavoro. Questo fenomeno alimenta il circolo vizioso dell’auto-esclusione delle donne da settori tradizionalmente maschili, dove risiedono le migliori opportunità professionali, retributive e di carriera.

IDEM, in collaborazione con SheTech, ha condotto un’indagine su un campione di 789 persone, di cui 634 donne e 155 uomini, approfondendo i gap di genere nel mondo del lavoro, con particolare attenzione alla situazione femminile in ambito STEM, dove le donne sono scarsamente rappresentate e vittime di stereotipi ancora più accentuati[1]. Lo scopo dello studio è stato quello di analizzare da vicino l’esperienza lavorativa delle persone nelle sue molteplici sfaccettature, ponendo l’accento sulle differenze di genere nella scelta del posto di lavoro, nei comportamenti agiti in fase di negoziazione del proprio stipendio, negli ostacoli incontrati durante il percorso di carriera e nel bilanciamento tra vita e lavoro.

Tra gli uomini inclusi nel campione, quasi il 50% appartiene alla fascia d’età 35-44 anni, mentre la parte più rappresentativa del campione femminile è costituita da donne under 35. In generale, circa tre persone su quattro hanno meno di 45 anni e si nota un massiccio spostamento da Sud a Nord, soprattutto per quanto riguarda le donne. Delle 144 donne nate al Sud, il 70% si trasferisce al Nord per lavorare, contro il 50% degli uomini. Inoltre, il 6% delle donne ha dichiarato che avrebbe voluto frequentare un’università diversa, ma la propria famiglia ha posto dei vincoli. Lo stesso dato per gli uomini è solo all’1,8%.

Un primo elemento importante emerso attorno al tema della retribuzione, è relativo alle misure ritenute più efficaci per colmare il gender pay gap che, secondo l’Outlook Job Pricing 2024, è del 7,3% per la retribuzione fissa e raggiunge l’8,2% considerando anche la parte variabile. Per le donne risultano importantissimi gli interventi legislativi, mentre per gli uomini è necessaria una nuova classe dirigenziale. Restano fondamentali invece, tanto per gli uomini quanto per le donne, aspetti legati alla maggiore trasparenza retributiva interna e alla comunicazione più chiara.  

Parlando di disparità retributive e differenze nei percorsi di carriera è interessante notare che l’85,6% delle donne ritiene che, in caso di promozione, agli uomini venga riconosciuta una crescita retributiva superiore. Al contrario, solo una donna su 634 intervistate e due uomini su 155 ritengono che, in caso di promozione, a una donna venga normalmente offerta una crescita retributiva superiore rispetto a quella riconosciuta agli uomini.

A questo si aggiungono altri stereotipi legati allo sviluppo professionale femminile, tra cui l’opinione largamente diffusa che le donne abbiano una maggiore necessità di conciliazione vita-lavoro dovuta al superiore interesse per la cura della famiglia. Quel che è vero è che sulle donne grava la maggior parte del lavoro informale di cura relativo alla gestione dei figli e, più in generale, delle persone all’interno delle famiglie. Circa il 55% delle donne ritiene che, seppur condiviso, il carico di cura ricada principalmente su di loro. Lo stesso dato per gli uomini si aggira intorno al 15%. Secondo le rilevazioni IPSOS ed Istat nella fascia di età 25-54 anni se c’è un figlio minore, il tasso di occupazione per le mamme si ferma al 63%, contro il 90,4% di quello dei papà, e con due figli minori scende fino al 56,1%, mentre i padri che lavorano sono ancora di più (90,8%), con un divario che sale a 34 punti percentuali.

Nel settore STEM, questa situazione è ancor più svantaggiosa per le donne ed emerge chiaramente come la maternità sia un elemento ad oggi incompatibile con la carriera.

I pregiudizi legati al ruolo femminile hanno sicuramente un’incidenza anche su aspetti legati alla negoziazione e alla retribuzione. Il 61,7% delle donne coinvolte nell’indagine ha negoziato almeno una volta la propria retribuzione, contro il 74,2% degli uomini. Facendo un’analisi delle emozioni provate in fase di negoziazione, è stato rilevato che le donne provano più intensamente degli uomini emozioni negative, mentre gli uomini provano emozioni positive in maniera nettamente superiore. Infatti, il 65% degli uomini ha un giudizio almeno positivo dell’esito della negoziazione contro il 46% circa delle donne. Dopo l’orgoglio, l’emozione maggiormente provata da entrambi i generi, le donne sperimentano, nell’ordine: rabbia, paura e tristezza, mentre per gli uomini prevalgono felicità, gratitudine e serenità.

 

Nel nuovo report Inside the Gap, che riporta grafici e statistiche consultabili in modo interattivo, IDEM e SheTech approfondiscono ognuna di queste riflessioni. Lo studio vuole essere un punto di partenza per promuovere ulteriori analisi che coinvolgano policy makers, media, leader aziendali e il mondo della ricerca, con l’obiettivo di costruire insieme un percorso verso la vera realizzazione delle pari opportunità nel mondo del lavoro.

[1] I dati sono stati raccolti tra settembre e ottobre 2023 attraverso una survey erogata e diffusa sui canali di IDEM Mind the Gap, SheTech e dei nostri communication partner: SisTech, GRLS, Codemotion, Mylia, Grusp, STEAMiamoci, Django Girls, FuzzyBrains e Laura Fasano.

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